Una questione di chimica: viaggio attraverso l’Europa per placare l’esigenza del cuore.

Conosco Umberto e Andrea una mattina di aprile in videoconferenza perché mi dicono loro due hanno proprio una bella storia da raccontare. Dopo le presentazioni, la prima cosa che mi dicono è: “ abbiamo vissuto un’avventura, abbiamo salvato una famiglia”. La domanda che incalza subito è proprio sulle motivazioni che li hanno spinti. La risposta di Andrea è genuina, schietta: “mia moglie è incinta per la seconda volta, vedere le immagini di donne sole e bambini mi ha completamente cambiato la prospettiva, proprio sul significato della parola profugo al quale eravamo abituati”. Allora inizia la sua ricerca per organizzare una spedizione per arrivare fino ai confini ucraini, ma non trova nessuno disposto a partire con lui; poi quando tutto pare perduto decide di chiamare Umberto, non fa in tempo a finire la frase che lui risponde: “se c’è da partire per l’Ucraina sono pronto! Andiamo!”.

Riescono ad organizzare una raccolta di generi medicali tra la ditta per la quale lavorano entrambi (Ernesto Malvestiti spa ed Aused associazione sistemi e tecnologie, ndr) : recuperano kit per le ustioni, utensili per interventi, medicinali, ghiaccio secco e caricano la macchina di Umberto (un bel 7 posti, ndr). Piano per la partenza ore 21 di venerdì 18 marzo, ma la voglia e l’adrenalina anticipano alle 18. Prima tappa Vienna, o meglio quella che doveva essere la prima tappa salta, perché mentre macinano chilometri sentono di voler proseguire “ancora un’oretta” e così ora dopo ora, giungono, l’indomani mattina verso le 9, presso il centro profughi di Przemysl (Polonia), 1600 km NO STOP. Ciò che vedono è quella che definiscono “una grande organizzazione disorganizzata”, dove la vicinanza della guerra si percepisce chiaramente.

Una quantità disarmante di uomini, donne e bambini con sguardi smarriti si aggirano per il centro, mentre Andrea e Umberto cercano di trovare qualcuno che volesse accettare il passaggio per il viaggio di ritorno verso l’Italia, intanto lanciano una campagna social per trovare dei compagni di “ritorno”. Appena chiudono la frontiera, a mezzogiorno, un numero esagerato di persone giunge attraversando i campi gelati della campagna polacca. Stanchi di attendere decidono di recarsi alla stazione, e lì, ricevono un pugno allo stomaco come mai: la stazione è un crogiolo di persone, principalmente donne e bambini, tantissimi bambini “impressionante, il rapporto tra adulti e bambini sarà stato di 1:30! Un tappeto di brande sistemate uno di fianco all’altra e donne con lo sguardo perso. L’impressione è che lì si fossero riversati diversi orfanotrofi in fuga”. Sono ormai le 18.30 e Andrea e Umberto decidono di fermarsi perché, da quando sono partiti sono armai passate 24 ore e hanno mangiato solo un panino al salame durante la guida! Hanno bisogno di riposare tra adrenalina, stanchezza del viaggio e le forti emozioni fino ad allora provate, sono sfiniti. Nel mentre, grazie alla potenza dei social, trovano un contatto con alcuni volontari di CRI Cusano Milanino che con i loro furgoni avevano trasportato materiale acquistato grazie alla raccolta connecting_people_ukraine (l’avanzo di questa raccolta fondi a seguito dell’acquisto di questi beni è stato destinato per l’accoglienza a Cusano Milanino,ndr). Vengono però contattati da un giovane soldato ucraino, che chiede loro se possono portare fino al confine francese, una famiglia composta da mamma di 32 anni, papà di 45 e due bambine di 1 e 3 anni. Partono subito, rinvigoriti dalla possibilità di salvare queste vite, ma dopo 4 ore di viaggio sono stremati ed hanno bisogno di riposare, tutti anche Alexander e la sua famiglia che erano partiti giorni prima da Leopoli. Grazie al supporto logistico delle mogli di Andrea e Umberto, che da casa prenotano l’albergo, si fermano a riposare e dormire una notte intera. Al mattino seguente ripartono alla volta della Francia ma i contatti francesi svaniscono e così, grazie alla solidarietà stretta attraverso i social e i volontari conosciuti di CRI, decidono di contattare il nostro COC per trovare una soluzione per aiutare la famiglia ucraina.

Durante il viaggio Andrea e Umberto però, non si accorgono della grande diffidenza e della paura che Alexander e la sua famiglia provano, solo in seguito il capofamiglia gli racconterà i suoi sentimenti, e loro stessi capiranno di aver commesso degli errori di valutazione, ma sempre a fin di bene. Grazie ad una volontaria di CRI, ucraina, e diverse videochiamate, la situazione emotiva migliora mentre si avvicina il termine del viaggio; Andrea è convinto che il fatto che tra lui e Umberto, che sono solo colleghi, ci sia una “chimica particolare” li abbia fortemente aiutati, soprattutto nei momenti più critici. Dopo 52 ore di viaggio giungono alla sede della CRI di Cusano Milanino, dove ad attenderli c’era un gran numero di volontari in pompa magna. Solo allora hanno capito cosa davvero avevano compiuto: se durante la marcia non si erano resi conto di quanto la cosa fosse straordinaria, lì, all’arrivo hanno finalmente capito di aver davvero salvato quelle 4 vite. Quando si sono divisi, dopo un piatto di pasta, offerto dai volontari della CRI, ecco che è arrivato il gesto più toccante e speciale: mentre la macchina che accompagnava la famiglia verso l’oratorio di Milanino si allontanava, la mamma ha chiesto di fermare la marcia ed è scesa, tornando indietro, e, regalando ad Andrea un peluche per la sua bambina: l’unico peluche che erano riusciti a fare entrare nella valigia, dove, aveva stipato tutta la loro esistenza “una valigia sola per quattro persone, ma ci pensi” dice Andrea ancora commosso. Ma la storia non termina qui, anzi l’inizio è proprio ora, il cerchio è ancora aperto. Andrea e Umberto non vogliono lasciarli soli, Alexander ha bisogno di un lavoro e la sua famiglia di una sistemazione stabile. Questa storia è la storia dell’esigenza del cuore di Andrea e di Umberto che non sono riusciti a placare quella domanda “ se fossi io al loro posto?”. Il loro viaggio è solo un tassello in questa immane tragedia della guerra, che insieme a quelli dei volontari CRI e del nostro COC ne compongono una più ampia ancora. La volontà di accompagnarli verso una vita diversa qui in Italia è la motivazione per cui non ripartono alla volta del confine ucraino per ripetere la loro impresa. Andrea mi ha confidato che all’inizio dell’avventura non avevano intenzione di raccontare a nessuno ciò che stavano facendo, ma piano piano hanno invece cambiato idea, pensando che, se una sola delle persone che avessero conosciuto la loro esperienza, fosse partito con la loro stessa intenzione avrebbero salvato altre vite, in un cerchio magico di accoglienza e di amore. Rimane la domanda di come questa avventura evolverà, se gli sforzi e la fatica affrontati daranno i loro frutti, se le aspettative verranno ripagate o disattese.

FD

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