Pedretti e Merli
di Loris Sala
Quel giorno era il 16 gennaio del 1943 ( avevo allora quasi 7 anni ) di ritorno dalla scuola assieme a mia zia di tre anni a me superiore, percorrevamo il viale Cooperazione, quando arrivati un poco prima dell’incrocio con l’attuale via Sormani, vedemmo diversi uomini costretti a forza e percossi col calcio del moschetto da militi fascisti e repubblichini a star rivolti contro le mura dell’allora banca popolare con le mani dietro la nuca .
Seppi poi che l’intenzione dei fascisti era di fucilarli per rappresaglia a seguito dell’attentato avvenuto il giorno prima ad un’ingegnere (aguzzino e delatore fascista di Milanino ).
Fortunatamente la scarsa stima che avevano i Tedeschi nei confronti dei loro alleati fascisti fece si che un ufficiale della Wermacht si intromise e fece trasferire il gruppo dei condannati nelle carceri di Monza allora presidiate dall’esercito Tedesco, salvando loro la vita.
Ma la vendetta i fascisti se la procurarono comunque fucilando Pedretti e Merli .
Così proseguendo nel diario della mia giornata sul ritorno da scuola, ricordo che attraversato l’incrocio all’altezza del monumento ai caduti dell’attuale piazza 25 aprile, di fronte alla sede dei repubblichini vedemmo arrivare con le mani dietro la nuca e sospinti dai calci dei fucili due persone che sapemmo poi essere Abele Merli e Enrico Pedretti Partigiani antifascisti Cusanesi catturati e poi fucilati …………….
Fummo sospinti dagli stessi sgherri nel cortile dell’allora costruenda Farmacia Moretti (che come venni a sapere quando adulto entrai nell’ A.N.P.I fu sede di riunioni del C.L.N. Cusanese.
Mentre noi osservavamo curiosi ed impauriti il passaggio dei prigionieri spintonati a colpi di calcio di moschetto, la nonna che con ansia ci attendeva, osservava la medesima scena dalle fessure delle persiane che con minacce era stata obbligata a chiudere come del resto furono obbligati a fare tutti coloro che abitavano le vie percorse dal triste corteo.
Purtroppo i due Partigiani vennero fucilati ed oggi a memoria i loro nomi sono stati attribuiti a due vie della nostra cittadina.
L’inverno di quegli anni
di Loris Sala
A quel tempo non v’era raccolta differenziata, tutto veniva riciclato, la carta usata per confezionare lo zucchero che era venduto come le granaglie sfuso, era di colore blù e veniva messa da parte per curare bronchiti e raffreddori. La cura consisteva nello sfregare la cotenna del lardo sulla superficie del foglio, poi veniva scaldata su di una fiamma, indi dopo averla sforacchiata con un ferro da calza veniva posta sul petto dell’ammalato. Ricordo che un mio coetaneo a seguito di cattiva applicazione del metodo ne porta tutt’oggi i segni delle scottature.
Avevamo la carta paglia per la carne, che veniva riutilizzata assieme a quella di giornale e quant’altro di cartaceo, quale combustibile invernale in sostituzione di legna e carbone previo lavoro di macerazione e compressione manuale.
Conseguentemente alla carenza di combustibile per via degli elevati costi, ricordo si era in guerra e in periodo di autarchia, succedeva anche che al risveglio al mattino qualcuno si trovasse senza la recinzione dell’orto o magari portone di ingresso.
I gelsi delle campagne limitrofe alle città, cosi importanti per il baco da seta, venivano falcidiati.
Or per arrivare al mio aneddoto per cosi dire ladresco, vi racconterò che il nonno paterno possedeva un piccolo appezzamento che coltivava a frumento e granoturco, la delimitazione del confine con altro proprietario, era tracciata dalla presenza di alcuni gelsi. Or avvenne che un bel di dei gelsi che sino a quel momento non erano da noi stati usati come combustibile in quanto avevamo ancora diversi torsoli di granoturco dall’ultima sgranocchiatura, trovammo solo le radici.
Non so dire il perché, il furto fu attribuito al proprietario confinante.
A seguito di questo esproprio per cosi dire proletario, mio Padre decise di contraccambiare l’azione e fu cosi che il sottoscritto fu posto una notte a far da palo mentre il padre già falegname armato di sega, anch’esso si accingeva ad un esproprio proletario sull’altro perimetro del campo del vicino.
Il sale
di Loris Sala
Il sale era un altro problema per le famiglie, scarseggiava. Non scarseggiava al mercato nero bastava pagarlo che lo si trovava, ed era cosi per tanti altri generi alimentari.
Ricordo che una sera di ritorno dal lavoro (mio padre che come tanti altri operai di quell’epoca si facevano fra andata e ritorno sino a 30 e più chilometri al giorno) aveva la cartella che gli serviva da contenitore del portavivande per il pranzo di mezzogiorno, piena di sale.
E come Gesù Cristo fece la distribuzione dei pani, quel giorno mio padre con gioia delle mamme fece quella del sale a tutte le famiglie della palazzo.
La fuga dei repubblichini
di Loris Sala
La nostra abitazione con cesso turca sul pianerottolo, si trovava al terzo piano di un palazzo di 12 appartamenti di due locali ciascuno, era situata di fronte all’ex farmacia Moretti che verso la fine del 42 si era trasferita all’inizio di viale Vittorio Emanuele.
Questi locali erano stati occupati prima dai fascisti che si erano trasferiti da via Corridoni e poi dagli stessi che si erano per cosi dire tramutati in Repubblichini per le tristi vicissitudini politiche Mussoliniane.
Pur rammentando una mitraglia piazzata dai partigiani all’angolo di via Franceso Baracca non ricordo di aver sentito spari. Ricordo tante urla e la fuga di un Repubblichino il cui figlio era nella mia medesima classe che s’era buttato dalla finestra cadendo fra le braccia di alcuni Partigiani e gli stessi che saliti nei locali superiori buttavano dalla finestra alla folla accorsa il ben di Dio in generi alimentari.
La casa ora occupata da una Ferramenta successivamente per un po di mesi fu sede del Partito Comunista, mentre l’A.N.P.I quale esponente delle brigate Garibaldine locali si insediò nei locali del centro commerciale della cooperativa Milanino.
Il primo ritrovo danzante presso il quale il sottoscritto fu iniziato alla ludicità del ballo fu in quel luogo ed era gestito volontariamente dall’A.N.P.I i cui iscritti reduci dalle esperienze belliche avevano una gran voglia di festeggiare l’avvenuta liberazione da quel regime fascista dittatoriale che aveva prodotto si tanti lutti, rovine.